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La crisi italiana e la dittatura finanziaria, dal panfilo Britannia alla fuga delle aziende

           
      

         

            

Di Paolo Pellicciari

L’occasione di fare una crociera sul panfilo della Regina Elisabetta, non è cosa di tutti i giorni. Così il panfilo Britannia getta l’ancora nel porto di Civitavecchia. Alcuni nostri politici non si fecero sfuggire l’occasione per visitarlo. Il tema in discussione era l’insostenibile debito pubblico italiano. L’incontro si tiene il 2 giugno 1992 tra i principali esponenti della City, il mondo finanziario londinese, ed i manager pubblici italiani, rappresentanti del Governo di allora e personaggi che poi sarebbero diventati ministri o direttori generali nei Governi Amato, Dini, Ciampi, Prodi, D’Alema e Mario Draghi, ( 1984-1990 Direttore Esecutivo Della Banca Mondiale. Dal 1991 Direttore Gen. Del Ministero del Tesoro, dal 1993 Presidente del Comitato Privatizzazioni) da poco nominato Direttore Generale del Ministero del Tesoro (ndr). Oggetto di discussione: le privatizzazioni. La riunione si tenne a bordo del panfilo della Corona inglese, lontano da “orecchie” indiscrete.

Veniamo ai fatti: nel 1992 comincia il “saccheggio” del patrimonio industriale pubblico italiano. La motivazione ufficiale che portò a questa fase di stravolgimento degli assetti proprietari dell’impresa pubblica nazionale, (l’alibi) fu quella dell’elevato debito pubblico che andava ridotto a tutti i costi. In quel periodo, l’evoluzione dei “Progressisti” di allora, passa attraverso una fase revisionista, azzerando lo Statalismo e instaurando il Capitalismo. Comincia l’era dell’apertura alla “libertà” del mercato. La nuova stagione economica prese avvio in concomitanza con fatti di rilievo che avevano caratterizzato quel periodo storico con situazioni a dir poco clamorose. L’operazione giudiziaria “Mani pulite” stravolse completamente il quadro politico italiano, travolgendo il cosiddetto penta partito. Caratterizzano quel periodo gli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino; l’attacco alla lira ed alle altre valute europee da parte di alcuni insider guidati dallo speculatore George Soros, portò ad una forte svalutazione ed alla “distruzione” del Sistema Monetario Europeo (SME) ( secondo i complottisti).

Nel gennaio del 1993 l’Executive Intelligence Review pubblicò un documento intitolato La strategia anglo-americana dietro le privatizzazioni italiane: il saccheggio di un’economia italiana”. Si delineava un quadro preoccupante di attacco all’economia italiana, nel contesto della cosiddetta “globalizzazione dei mercati”, cioè la realizzazione di un unico sistema economico mondiale in cui non vi sarebbe stato più alcun controllo sui movimenti e sulla creazione di capitali ovvero una sorta di “dittatura” economica.

Nella riunione si decise di “svendere” il patrimonio industriale – finanziario con il pretesto delle liberalizzazioni-privatizzazioni. Appunto. La privatizzazione del patrimonio pubblico avviene in due fasi. Nella prima fase vennero cedute l’IRI, TELECOM ITALIA, ENI, ENEL, COMIT, IMI, INA, CREDITO ITALIANO, AUTOSTRADE. L’INDUSTRIA SIDERURGICA ED ALIMENTARE PUBBLICA. La fase successiva punta invece al settore della previdenza, della sanità, dei trasporti (ferrovie, trasporto pubblico di linea, trasporto navale, taxi), a quello delle utilities (aziende municipalizzate nei settori acqua, elettricità, gas) e ad altre funzioni di rilievo pubblico. L’”Operazione Britannia” mette nelle mani di pochi gruppi finanziari “occulti per identità”, ciò che prima era dei cittadini, sottraendo notevoli risorse dalle casse dello Stato.

In sintesi è stata ceduta e ancora cederemo, la sovranità industriale ed economica dell’Italia.

La mancanza di risorse ha provocato e provoca la riduzione del Welfare, dei posti di lavoro, del il monte salari, creando così le condizioni per “riformare” in senso peggiorativo e non costituzionale il sistema sociale, frutto di tante “battaglie sindacali”. La “pistola” puntata alla tempia del “globalizzatore” ci costringerà a rivedere il nostro sistema dei diritti al cittadino (sanità, pensioni, giustizia, istruzione, ecc.), accelerando la fine dello Stato Sociale moderno. La finanziarizzazione dell’economia mondiale, con interi settori dell’economia reale, vengono “cooptati” sul grande tavolo da “gioco” della finanza globale. Una grande “catena di Sant’Antonio” a livello globale, dove il gioco finisce quando l’ultimo della catena resta col “cerino” in mano, svelando che si è trattato di un grande bluff, dove i valori finanziari espressi non esprimevano vera ricchezza reale.

Britannia 2 la “Scarpetta”.


Dopo la prima mega alienazione dei beni dello Stato, non c’è stato un cambio di politica economica che mettesse al centro i diritti dei cittadini. E’, infatti, sotto gli occhi di tutti lo sperpero di denaro pubblico a tutti i livelli amministrativi delle istituzioni . Cosi, in circa venti anni, si è creata un’altra “voragine” economica con un debito pubblico insostenibile per i cittadini italiani. Dato l’enorme debito pubblico, si vocifera sempre più insistentemente di alienare il patrimonio immobiliare dello Stato valutato di pari valore e di privatizzare le aziende pubbliche di servizi alla collettività, oltre a paventare la “cancellazione” degli ordini professionali. Si tratta quindi di una situazione economica “Ghiotta” per la speculazione in atto sui beni della collettività. Non è esclusa anche la vendita degli Ospedali (come ha annunciato il Presidente della Regione Lazio) e chissà quale altra iniziativa lesiva gli interessi dei cittadini. Rimane il fatto che i cittadini devono “pagare”.

Liberalizzare serve solo a creare monopoli privati e centralisti.


Allo stato attuale l’iperburocratizzazione dei rapporti economici, impedisce di fatto lo sviluppo dell’economia, ma l’eliminazione di ogni regola, la deregulation, fa sì che solo gli operatori più forti possano restare sul mercato. Vi sarebbe dunque bisogno di una migliore regolamentazione dei rapporti, di modo che ogni genere di operatore possa avere diritto a restare sul mercato in modo dignitoso; questo creerebbe sviluppo e occupazione.
Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, eppure si fa fatica a prenderne coscienza, poiché il sistema politico che stiamo vivendo è dovuto alle liberalizzazioni-privatizzazioni. L’incapacità dell’uomo moderno a valutare i fenomeni per quello che sono, è dovuta ad uno snaturamento della persona umana, che da essere cognitivo e creativo è stato “addormentato” e limitato ad essere un soggetto meramente percettivo, senza una propria capacità critica, vittima della “droga televisiva”.

L’attività demagogica è stata utilizzata per rendere meritoria agli occhi della popolazione la nuova normativa di liberalizzazione, per cui tutti dovevano avere il diritto di trovare sotto casa il negoziante di scarpe piuttosto che di giocattoli. La normativa parlava di “una più capillare distribuzione dei prodotti sul territorio” che invece hanno finito col concentrarsi in centri commerciali i quali, a loro volta, hanno sostanzialmente preso il monopolio del mercato. Ovviamente della necessità di “una più capillare distribuzione dei prodotti sul territorio” , ora non se ne parla più! E’ poi assolutamente falsa l’idea per cui le liberalizzazioni portino ad un abbassamento dei prezzi. Di fatto però, le tariffe sono cresciute più dei prezzi al consumo, così il valore pagato per i beni e i servizi liberalizzati è cresciuto costantemente e notevolmente, tanto che paghiamo quasi tutti i servizi più cari della media europea(ci sarà un motivo).

La normativa di liberalizzazione in materia di commercio stilata durante gli anni ’90 – ha di fatto abrogato la legge 426 che regolamentava il settore. Con l’insediamento dei centri commerciali ci si è trovati a dover pagare le licenze di commercio, ed ecco in soccorso le liberalizzazioni che hanno consentito l’acceso alle licenze in forma gratuita. L’eliminazione dei vincoli di distanza per l’illusione di apertura di un’attività commerciale, ha di fatto rappresentato la porta d’ingresso a poche grandi catene commerciali, che si sono impossessate a oggi di circa l’ 80% del mercato. Ciò ha comportato la moria delle piccole attività commerciali, e non solo, ma anche di tante aziende produttrici di merci di vario genere non più competitive vista la concorrenza di prodotti esteri a basso costo e di dubbia qualità.

Secondo le previsione degli addetti al settore, dal 2003 c’è stato un calo fisiologico di vendite per la piccola distribuzione a vantaggio di Supermercati, Centri Commerciali e Outlet (una sorta di triangolo selle “Bermude” che inghiotte l’economia diretta degli italiani). La cronaca ci fa sapere che ogni assunto da un supermercato provoca sette disoccupati, ma al nostro sistema politico la cosa non interessa, in quanto viene messo al centro il “denaro” e non il cittadino. Non c’è dubbio che la grande finanza gode di particolari protezioni con dinamiche trasversali di difficile connotazione.

La selezione ‘darwiniana’ innescata dai processi di globalizzazione dei mercati, sta facendo “morire” le piccole imprese disperdendo un patrimonio di competenze pressoché unico, frutto di anni di esperienza e di dedizione. Di riflesso si tratta della disoccupazione e dell’impoverimento delle realtà economico – locali a scapito dell’economia diretta.

La liberalizzazione non poteva escludere le locazioni abitative.


Negli anni 90 viene cambiata la normativa con particolare riferimento alla l. 431/98 – facendo sì che i canoni d’affitto schizzassero alle stelle. L’istanza demagogica utilizzata fu quella per cui non sarebbe stato giusto che il piccolo risparmiatore, che per una vita aveva messo del denaro da parte per comperarsi una seconda casa, non potesse utilizzarla per la figlia appena coniugatasi, per causa di un’esosa normativa a tutela degli affittuari a cui erano concessi troppi anni di godimento dell’immobile prima dell’esecutività dello sfratto, e per di più pagando canoni troppo bassi. Per questo, si diceva che la gente preferisse tenere sfitto l’immobile. Così passò l’idea che liberalizzando la normativa, gli immobili da affittare presenti sul mercato sarebbero aumentati, ciò comportando la riduzione dei canoni. E’ ovviamente successo l’esatto contrario e, l’assurdo fù che quei poveri cristi che affittuari di immobili di proprietà di enti pubblici alienati e acquistati da “privati” si videro sfrattati in modo “brutale” e costretti a trovare alloggi di fortuna.

Per qualche “Euro” in più.

Attirati dai facili guadagni, molte industrie hanno trasferito le loro produzioni in paesi emersi, con l’opportunità di avere mano d’opera a basso costo, riuscendo a vendere il prodotto finito a prezzi notevolemente inferiori alla concorrenza. Il prodotto importato in Italia o in Europa ha un valore aggiunto di una notevole entità che si traduce in lauto guadagno per l’operatore economico. Così molti imprenditori producono utili mentre altri non reggono la concorrenza: la ricchezza di “Pirro”. Infatti, la metà delle aziende chiude entro il sesto anno di attività. Il denaro è uguale a “valore” e, il mondo occidentale, con la scusa dei lauti guadagni, ha trasferito “valore” nei paesi orientali. Oggi i paesi orientali stanno riesportando “valore” nel mondo occidentale; lo stesso che riesportato nel mondo occidentale non è destinato a investimenti produttivi ma per “comprarci”.

Prepariamoci a diventare poveri.

FONTE

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